Samba
di Éric Toledano, Olivier Nakache, con Charlotte Gainsbourg e Omar Sy.
L’Italia è il paese che per sua posizione geografica è al centro dell’immigrazione verso l’Europa. Eppure un film così non potevamo realizzarlo. Troppo presi dalla drammatizzazione o dagli ideologismi politici.
Una Europa sempre arcobalenica.
Samba è un film sull’immigrazione senza retorica e moralismi. Attraverso la storia di una donna, Alice, in crisi, con un esaurimento nervoso che l’ha portata a cambiare o cercare di cambiare il ritmo della vita. Samba è un senegalese che dopo dieci anni di clandestinità cerca di regolarizzare la presenza in Francia, finendo in un centro accoglienza. L’incontro con Alice cambia la vita di entrambi. Non è solo un incontro etnico, ma anche sociale. La donna fa parte della borghesia francese in cerca di affermazione professionale, completamente dissociata da modelli di vita più umani.
Samba è parte del nuovo proletariato, che vive nelle banlieue fuori dal centro di Parigi, fuori dalla vita ufficiale che con zelo la polizia francese difende.
L’incontro poteva essere raccontato in forma arida e solamente utilitaristica, ma gli autori hanno
Charlotte Gainsbourg rappresenta anche fisicamente la decadenza della società occidentale, manca degli elementi antropologici capaci di generare attrazione, come seni, fianchi. È asciutta, magra, senza curve, per le società ancora in via di sviluppo, manca di femminilità. Samba invece è un maschio fisicamente prestante, potente e sessualmente attivo. Rappresenta l’energia pura e primordiale, le nuove forze che vengono dall’Africa per popolare il nostro continente ormai in declino.
Ma tutto dipende da noi, noi intesi come essere umani se vogliamo riscrivere una nuova socialità dove probabilmente dovremo scambiarci identità, come Alice indosserà la maglietta di Samba e lui imparerà a cucinare sapori nuovi.
Andrea Grilli