Michael Moorcock e i Campioni Eterni
[Articolo di approfondimento in appendice alla serie a fumetti Elric di Melniboné pubblicata dalla Phoenix Enterprise Publishing Company]
Si è già scritto dell’importanza dei romanzi di Elric nella letteratura fantasy, del cambiamento di prospettiva nell’eterna lotta tra il Bene (la Legge) e il Male (il Caos), ora bisogna parlare di una serie di caratteristiche che uniscono le opere dello scrittore inglese, unite fin quasi a realizzare una serie di crossover sul modello di quelli delle major fumettistiche statunitense.
Di questi “crossover” si può ricordare quello contenuto nel libro I mari del fato, dove alcuni dei migliori Campioni Eterni vengono riuniti per sconfiggere un nemico particolarmente ostico, oppure il racconto che Jhary-a-Conel fa al principe Corum, nel romanzo Il Toro e la Lancia, in cui narra di altri Campioni Eterni che ha conosciuto nel suo peregrinare, personaggi come Kane, Hawkmoon e Cornelius.
Tutti questi personaggi sono Campioni Eterni, eroi che vengono scelti dal destino per combattere nell’eterna lotta tra Legge e Caos. La loro adesione a una delle due forze non è sempre chiara: in alcuni casi devono sconfiggere le forze del Caos, in altri il loro atteggiamento è più sfumato e le loro azioni rientrano in uno schema che si svela nella sua completezza solo alla fine del ciclo, sia al lettore quanto allo stesso Campione Eterno.
Il caso di Dorian Hawkmoon è d’esempio. Il personaggio per tutta la quadrilogia che compone la sua saga, non riesce a comprendere il disegno della Runa Magica, anzi ogni qualvolta mostra impazienza viene invitato a seguire ciecamente quanto si deve compiere. Il finale ricomporrà i molti tasselli del puzzle creato dall’autore.
Tutti i Campioni Eterni vivono in universi tra di loro differenti sia nel progresso tecnologico, che nella organizzazione sociale. Così, mentre nel mondo di Corum gli umani si stanno affermando come razza dominante, in quello di Elric di Melniboné combattono per liberarsi dal giogo dei Melniboniani, mentre nel mondo della Runa Magica gli scontri sono tra umani.
Sono differenti anche nella potenza che ciascuna della Forze può esercitare: nel mondo del principe dalla Veste Scarlatta le forze del Caos sono deboli e possono essere distrutte (leggi cacciate), in quello del principe albino sono dominanti e all’apparenza vincenti.
Questa continua variazione sul tema del rapporto esistente tra la Legge e il Caos porta il lettore a ignorare cosa potrà mai leggere in una nuova saga, quale trame Moorcock abbia costruito.
Nella composizione dei “multiuniversi” lo scrittore inglese pesca a piene mani dalla Storia per poi apportare quelle modifiche che differenziano un universo dall’altro, come nel mondo di Hawkmoon dove una serie di guerre atomiche e batteriologiche hanno cambiato il quadro evolutivo della razza umana, isolando alcuni continenti e creando attorno a essi un alone di mistero sui loro popoli e il progresso tecnologico e scientifico.
Nel romanzo Il Mastino della Guerra in una ambientazione tardo rinascimentale un capitano di ventura, Graf von Bek, scopre l’esistenza di un altro mondo, il Mittelmarch, dove vivono strane e misteriose creature. Moorcock descrive meravigliosamente l’atmosfera di morte e distruzione che pervase l’Europa.
Questo pescare dalle conoscenze storiche e geografiche comuni a un lettore medio-colto, permette a Moorcock di creare mondi sempre nuovi, e rielaborare gli elementi classici del fantasy (come l’oggetto magico, la predestinazione o il cattivo di turno) per produrre trame originali e stimolanti, discostandosi dalle classiche storie simil-Tolkien che imperversano ormai nella letteratura.
Un altro elemento particolarmente interessante delle sue opere è la mancanza di una varietà di razze, che potremmo definire classiche, come elfi, nani, troll. Predominante è quella umana, differenziata per stati, popoli e culture, a cui si affiancano antiche razze che stanno perdendo il loro potere o che lo hanno perso e che non accettano la loro fine arroccandosi in una presunzione decadente: l’esempio potrebbe essere quello degli stessi Melniboniani o le vecchie razze dei libri di Corum, come i Vadhagh o i Nhadragh. Di solito queste razze sono portatrici di conoscenze magiche e religiose o ipertecnologiche che andranno perse.
I due maggiori cicli di Moorcock, quello di Corum e di Elric di Melniboné, e non solo questi, prospettano lo sviluppo di una razza umana ignorante e stupida, che arranca in un mondo che non comprende, o meglio che non può comprendere perché non dispone dei mezzi e delle conoscenze per farlo, o forse delle capacità.
Saghe brevi.
Va anche detto che le saghe non hanno mai una durata eccessivamente lunga, come invece fanno Marion Zimmer Bradley, Terry Brooks o gli autori delle serie ispirate dai giochi di ruolo della TSR; anzi Moorcock non solo costruisce trilogie o quadrilogie autosufficienti, ma le stesse sono composte da romanzi mai così lunghi da stancare la lettura o da scoraggiarla. Diversamente per le edizioni italiane, pur sembrando voluminose, raccolgono più romanzi, offrendo quasi sempre un ciclo completo.
La enorme produttività dello scrittore inglese non permette di trovare un alto livello letterario nei suoi scritti, soprattutto nella produzione fantascientifica, sicuramente la meno significativa. Gran parte delle sue opere sono senza dubbio l’esempio di uno scrittore che ha trovato il modulo più adatto per raccontare le proprie storie, un modulo che se potrebbe sembrare a volte ripetitivo è stato in grado di apportare quei stravolgimenti di cui si parlava.
Se Moorcock è un maestro della fantasy moderna, non si può dire che lo sia della fantascienza, infatti pur essendo un abile scrittore, non è riuscito, come altri suoi colleghi che frequentano entrambi gli stessi generi, a lasciare romanzi particolarmente significativi, lo dimostra anche l’assenza di riedizioni di opere già apparse nei decenni precedenti nel nostro mercato, a parte Michael Kane il guerriero di Marte (recentemente pubblicato dalla Editrice Nord), che ripropone il mito del pianeta rosso e riscrive in chiave moderna le avventure di John Carter di E.R.Burroughs. In questo ciclo (sono tre i romanzi) lo scrittore britannico descrive un personaggio, Michael Kane, che non è solo uno scienziato che progetta la macchina (non più la caverna) che gli permette di trasportarsi involontariamente su Marte, ma ha anche una mente aperta alla comprensione del nuovo e del misterioso, pronto a sviluppare teorie sulla tecnologia aliena.
Moorcock, come è stato già scritto, cambia prospettiva, infatti non tracciando una netta separazione tra ciò che è accettabile e ciò che è rifiutabile, scava dentro quelle che sono le classiche dicotomie fantastiche (Bene-Male, buono-cattivo) per svelare i loro lati oscuri, ciò che non si vede, ma esiste. Così nell’Europa devastata dalle guerre religiose del seicento, è Lucifero a incaricare von Bek di trovare la Cura per la Sofferenza del Mondo per riguadagnare la posizione persa nelle schiere degli angeli, mentre saranno gli stessi duchi dell’Inferno a combattere il loro Signore per impedirgli che riesca a riappacificarsi con Dio. Alla fine del romanzo Dio incaricherà Lucifero di condurre l’umanità nell’età della Ragione.
Nei suoi libri troviamo la ricerca della Luce nei meandri dell’Oscurità, un raccontare ciò che altri scrittori, soprattutto della scuola tolkeniana, avrebbero raccontato come aberrante e di contorno alla storia dell’eroe. È frequente che affianco del Campione Eterno si schieri un precedente nemico, un ravvedimento dal Cattivo al Buono, anche solo per tornaconto personale.
Nella sua opera teorica sulla epic fantasy (Wizardry and Wild Romance, Victor Gollancz Ltd, 1988) Moorcock con una breve, ma efficace frase ha segnato la separazione tra le sue opere e quelle di Tolkien e dei suoi allievi:
Dopo tutto, chiunque odi gli hobbit non può essere del tutto cattivo.
Andrea Grilli